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UN SONETTO MENO CONOSCIUTO DEDICATO DA ALESSANDRO MANZONI A FRANCESCO LOMONACO

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A Francesco Lomonaco

Francesco, e’ non fu mai chi per sentiero
Sparso di fronde e fior fino a verace
Gloria franco poggiasse, o bello o vero
Quaggiù cercando, o s’altro ai savi piace.
Poiché invidia furente in sul primiero
Varco s’affaccia, e ʽl vulgo, a cui dispiace
Quanto è gentile, e degli affetti il fero
Stuol, che in sublime cor sempre è più audace.
Tu invidia, e vulgo, e te pur vinci, saldo
In tua fera virtù sempre, e nell’irto
Manto di Stoa ravvolto: oh vero in terra
Felice! io pien d’alto disdegno, e caldo
Di duo begli occhi or cerco lauro or mirto,
Col mondo sempre, e con me stesso in guerra.

Alessandro Manzoni 1806-1807
Ha scritto  Giuseppe Palazzolo
Nel libro Nascondimento e rivelazione
Edizioni ETS

Nel sonetto [A Francesco Lomonaco per le «Vite degli eccellenti italiani»] ritroviamo il sentiero diretto a «verace gloria» e la difficoltà del cammino, fino all’importante presenza del «bello» e del «vero», non in correlazione, ma in alternativa: «Francesco, e’ non fu mai chi per sentiero / Sparso di fronde e fior fino a verace / Gloria franco poggiasse, o bello o vero / Quaggiù cercando, o s’altro ai savi piace» (vv. 1-4). Compare quindi l’antagonista, quel «vulgo» «a cui dispiace / quan-to è gentile» e la stoica necessità di dominare le passioni, su esempio dell’a-mico Lomonaco a cui il sonetto è dedicato, mentre in conclusione ritorna il motivo del «disdegno» e della contrapposizione al mondo e a sé stesso: «… io pien d’alto disdegno, e caldo / di duo begli occhi or cerco lauro or mir-to, / col mondo sempre, e con me stesso in guerra».