Ing. Nicola Romeo

In via Manin a Montalbano Jonico è tutt’ora in piedi Palazzo Guida-Romeo.

La data della sua edificazione risale al 1540 e dal suo cortile si accede, secondo quanto riferisce Prospero Rondinelli, ad “ una lunga ed oscura grotta sotterranea ” che conduce in direzione di piazza Plebiscito. 

La famiglia Guida, poi estinta, l’ha abitato per diverse generazioni e le ultime persone che ne hanno avuto la proprietà sono state appunto  Lucia Guida, il figlio Maurizio Romeo e, al suo decesso, la moglie Consilia Tagliatela di Santantimo, la madre dell’ing. Nicola Romeo.

Lucia Guida sposò Nicola Romeo e dalla loro unione nacque il loro unico figlio il 23 dicembre del 1844, ma come si usava allora venne registrato il 1 gennaio dell’anno successivo.

Gli diedero il nome di Maurizio, come il santo patrono del paese.

Lucia Guida dedicò tutta se stessa all’educazione del figlio e soprattutto si premurò affinché imparasse a leggere e a scrivere e poi a studiare per costruirsi una esistenza agiata.

Piaceva l’insegnamento a Maurizio, ma in paese, appena dopo l’unità d’Italia, uno dei primi insegnanti fu il prete Ferdinando di Leo e poi Giacinto Infantino da Montemurro.

Arrivò anche l’insegnante Francesca Carpanelli da Pavia  e conquistò tutti con i suoi modi garbati, il suo modo di interloquire così diverso da quello dei montalbanesi, il suo italiano con accento settentrionale.

Maurizio Romeo nel suo paese non riuscì, dunque, ad ottenere l’insegnamento e dovette aspettare il 1873, era quasi ventinovenne,  per avere  una supplenza a Santantimo, un sobborgo di Napoli, e poi l’incarico definitivo.

Era già metà ottobre del 1873 quando mise piede per la prima volta in quella scolaresca di Santantimo. Tra i suoi allievi spiccava per capacità di studio e di apprendimento, vivacità e  simpatia, Consilio Taglialatela. Maurizio se ne innamorò perdutamente. Lei era anche fisicamente più matura della sua età, aveva appena compiuto tredici anni.

Nel 1875 si sposarono, Consilio aveva appena 15 anni.

L’anno dopo, il 28 aprile del 1876, nacque il loro primogenito, e, com’era d’obbligo, sul nome da dare al nascituro non vi furono dubbi: Maurizio lo andò a registrare all’anagrafe con il nome del padre, Nicola. Fu il primo di otto figli e dopo poco più di un mese venne battezzato. Maurizio insieme ai genitori volle che da Montalbano venissero per l’occasione gli amici più stretti e ad essi espresse un auspicio che era allora solo un desiderio: questo figlio lo farò ingegnere.

Consilia Tagliatela mise in vendita la casa che aveva ereditato dai suoceri: il palazzo della famiglia Guida, dopo tanti anni avrebbe avuto un altro proprietario. La notizia che quel palazzo fosse in vendita si diffuse in un attimo per tutto il paese.

Dalla Puglia, esattamente da Bitonto, alle porte di Bari, alcuni anni prima era arrivato un intraprendente commerciante di stoffe, intelligente, dinamico. Dalla vendita porta a porta, in poco tempo era riuscito ad aprire due negozi e gli affari andavano a gonfie vele. Aveva conosciuto una ragazza del posto, Rosa Giannittelli, e si era sposato con lei. Salvatore Stoia già pensava ad una famiglia numerosa, voleva tanti figli ed una casa adeguata per farli crescere. Quando seppe che quel palazzo era in vendita non ci pensò due volte e decise di acquistarlo.

Lo aveva tante volte ammirato dall’esterno: aveva una struttura solida, era un antico palazzo nobiliare, non di quelli più in vista in paese, ma sufficientemente dignitoso, adeguato al suo nuovo status di commerciante di successo.

Dopo aver acquisito tutte le informazioni del caso, fissò un appuntamento con Consilia Taglialatela e partì per Santantimo. Concordato il prezzo, Consilia, coadiuvata dal figlio maggiore Nicola, vendette a Salvatore Stoia la casa del marito, il palazzo della famiglia Romeo.

Nicola Romeo nacque a Sant’Antimo in provincia di Napoli il 28 aprile 1876 da Maurizio e Consiglia Taglialatela.

Le modeste condizioni della famiglia lo costrinsero a recarsi a piedi dal suo paese natale all’istituto tecnico che frequentava a Napoli e a dare ripetizioni per mantenersi agli studi. Negli studi superiori ebbe modo di avvicinarsi e di raggiungere grande dimestichezza con le discipline matematiche anche grazie al padre, maestro elementare, che lo indirizzò sapientemente negli studi.

Conseguita nel 1899 la laurea in ingegneria civile presso la Scuola di Applicazione a Napoli (oggi facoltà di ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II), a soli 23 anni, si trasferì a Liegi, in Belgio, per approfondire gli studi in ingegneria elettrotecnica, quindi in Francia e in Germania per acquisire le nuove cognizioni nei campi meccanico, ferroviario e idraulico che in quei Paesi stavano rapidamente evolvendo. Tornato in Patria, esperì alcuni tentativi di trovare lavoro presso varie grandi imprese, ma gli venne offerto solo un posto di capostazione a Tivoli che rifiutò.

Fu durante una delle trasferte per i colloqui che conobbe casualmente, in treno, un dirigente della Robert Blackwell & Co, società inglese che operava in campo ferroviario e dell’impiantistica elettrica, intenzionata ad aprire una filiale in Italia. Nicola Romeo venne assunto e diresse la filiale italiana per alcuni anni, con il compito di promuovere e sovrintendere la costruzione di tranvie elettriche, acquisendo esperienza e sufficienti sostanze per dare vita a un’impresa autonoma. Nel 1906, con altri investitori, fondò la società “Ing. Nicola Romeo & C.” che ebbe un grande successo commerciando i materiali rotabili dell’azienda siderurgica inglese Hadfield di Sheffield e, soprattutto, i macchinari per la produzione di aria compressa dell’americana Ingersoll-Rand.

Nel 1911 fondò la “Società in accomandita semplice Ing. Nicola Romeo e Co.” per la produzione di macchinari per le attività estrattive. L’azienda si specializzò ben presto nella produzione di rotabili ferroviari cogliendo anche le opportunità offerte dall’emergente tecnologia dei motori termici per produrre su licenza alcune fra le prime automotrici italiane.

Nel 1909 gli stabilimenti di Portello presso Milano della “Società italiana di automobili Darracq” furono rilevati da un gruppo di imprenditori che avevano fondato l'”Anonima Lombarda Fabbrica Automobili” (A.L.F.A.), e nel 1915 da Nicola Romeo, che li riconvertì alla produzione bellica. Con l’aiuto dei suoi potenti impianti di aria compressa, Nicola Romeo approntò nel 1916 la famosa esplosione del Col di Lana.

Pubblichiamo di seguito due articoli che sintetizzano molto bene la figura dell’ing. Nicola Romeo.

Ecco la storia di un Genio Napoletano: Nicola Romeo.

di Francesco Pollasto

Nicola Romeo era nato il 28 aprile 1876 in via Dogana 1 a Sant’ Antimo, nell’hinterland napoletano, primo degli otto figli di Maurizio e di Consiglia Ta- gliatela. Il padre era nato a Montalbano Ionico il 1° gennaio 1845 mentre la madre, nativa anche lei di Sant’Antimo, era molto più giovane essendo nata il 28 marzo del 1860: si erano sposati il 10 giugno del 1875.

Come si è detto, al primogenito Nicola erano seguiti nell’ordine le sorelle ed i fratelli Filomena, Giulietta, Guido, Elvira, poi una seconda Elvira che doveva ricordare la prima, morta di pochi mesi, Mario e Itala. E con questo riassunto famigliare basato sui dati dell’Ufficio Anagrafico del Comune di S. Antimo abbiamo voluto colmare le lacune che si trovano nelle diverse biografie dell’ingegner Nicola Romeo.

La vita di quest’uomo ci appare oggi con caratteri eccezionali e potrebbe servire come esempio per le nuove generazioni.

La famiglia non era benestante (il padre era maestro elementare ed almeno lo ha potuto aiutare indirizzandolo verso gli studi tecnici perché era molto portato in matematica) e per continuare gli studi superiori il ragazzo si sobbarcava ogni giorno il tragitto a piedi da Sant’Antimo a Napoli di circa 14 km, che oggi possono sembrar pochi specie a chi non va a piedi, ma con le strade di allora non era una gita né col bello né tanto meno col cattivo tempo.

Frequentava con profitto l’Istituto tecnico e, per mantenersi agli studi, impartiva lezioni ai suoi stessi compagni e ad altri giovani coetanei. Nel 1899, quindi a soli 23 anni, conseguiva la laurea in ingegneria meccanica presso il Politecnico di Napoli (oggi facoltà di Ingegneria dell’Uni- versità degli studi di Napoli Federico II) dopo di che si trasferiva a Liegi in Belgio dove si laureava in ingegneria.

Nel 1911 fondava a Milano la società “Ing. Nicola Romeo & C.” per la produzione di macchinari per le attività estrattive, di cui si era già occupato come importatore.

La sua azienda si espandeva con l’acquisizione di altre società tra cui l’ Alfa nel 1915, una ditta sorta nel 1909 negli stabilimenti del Portello già sede della Società Italiana di Automobili Darracq di cui aveva rilevato l’attività. Questa ditta venne immediatamente adibita alla produzione militare perché proprio in quel periodo l’Italia era entrata in guerra.

Ma perché’ Nicola Romeo decise di investire in una fabbrica in fallimento?

La risposta e’ pubblicata sull’avvenire del 24-6.2010, un articolo di Angelo Picariello ci spiega l’arcano.

Ecco un estratto:

«La vicenda emblematica di come l’industria meridionale, fiorente fino a 150 anni fa, in special modo quella metalmeccanica, già da mezzo secolo fosse stata abbandonata a sé stessa per privilegiare quella del Nord. L’ingegner Nicola Romeo, ricordiamolo, era un geniale imprenditore metalmeccanico che aveva diversi, importanti stabilimenti nella zona Napoli. Licenziatario per la costruzione di camioncini di trasporto truppe della francese Darracq, allo scoppio della Prima guerra offrì allo Stato italiano il suo prodotto a prezzo vantaggioso, ma si sentì rispondere che esso acquistava solo prodotto nazionale. Cioè del Nord. Così accettò di rilevare l’A.L.F.A (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili), che aveva i suoi stabilimenti a Portello, presso Milano, ed era in liquidazione. Finita la guerra, nel 1918, fu inizialmente cambiato il nome della società in “Società Anonima Ing. Nicola Romeo e Co.”. Ma si sa che i napoletani sono buoni di cuore: infatti Romeo non infierì, e al termine di una lunga vertenza, vinta contro con i vecchi proprietari dell’Alfa, non mise sullo scudetto il Vesuvio,ma lasciò il biscione milanese. E tutti oggi si lamentano per l’Alfa-Sud di Pomigliano, poi passata alla Fiat, “regalata” ai meridionali “sfaticati” dai generosi industriali settentrionali»

Ha scritto di lui Elvira Ruocco nel 2006.

“Nicola Romeo era un uomo intelligente e colto ed aveva una grande passione per la matematica e la geometria. Non somigliava agli altri capitani d’industria perché era più basso di statura, era calvo e aveva dei grossi baffi, ma sapeva essere ironico e per la sua capacità di rapportarsi con gli altri e le sue doti persuasive, gli industriali lo avevano soprannominato “la Sirena”, oggi sarebbe stato un grande “comunicatore”. Nicola Romeo era nato a Sant’Antimo (provincia di Napoli) il 18 aprile 1976, da una famiglia povera e numerosa di Montalbano Jonico. Suo padre era un insegnante. Nonostante provenisse da un ambiente molto povero, riuscì a stabilirsi a Napoli e a frequentare la Scuola di Applicazione grazie anche alle lezioni di matematica ed inglese che dava ai suoi compagni. Nel 1899, quando aveva 23 anni, conseguì la laurea in ingegneria civile. Si trasferì poi in Belgio dove studiò per circa un anno ingegneria elettronica presso l’Università di Liegi; scrisse alcuni testi e diede un valido contributo alla risoluzione di parecchi problemi e teoremi.
Nel 1905, Romeo sposò Angelina Valadin, figlia di un ammiraglio della marina portoghese, che gli diede sette figli, tre maschi e quattro femmine. Angelina era una pianista dotata anche di notevoli qualità canore, studiava alla Scala di Milano ed aspirava ad una carriera artistica. Ma Romeo le impedì di realizzare i suoi sogni imponendole la scelta tra la carriera e il matrimonio. Non voleva dividerla con nessuno, Angelina doveva essere solo sua e cantare per lui ed i suoi figli.
Una delle figlie raccontò in una intervista che era talmente rigoroso e rispettoso di sua moglie che nei primi anni di matrimonio, poiché Angelina non conosceva bene l’italiano, in famiglia si parlava francese. Delle quattro femmine, una fu chiamata Giulietta.
La conferma della personalità di Romeo, che è riuscito a rendere popolare il suo nome nel mondo più di quanto non abbia fatto Shakespeare, viene anche da questo episodio, sempre raccontato da una delle figlie:
“Nostro padre viaggiava ovviamente su vetture Alfa Romeo ma non guidava, aveva l’autista. Ebbene, noi avevamo una discreta confidenza con l’autista tanto è vero che ci rivolgevamo a lui dandogli del tu. Quando nostro padre se ne accorse, ci sgridò severamente dicendoci: “Ricordatevi che questa persona è un lavoratore e come tale ha il diritto al massimo rispetto. Così dovemmo tornare a dare del lei all’autista.”
Ecco come lo descriveva, in un’intervista pubblicata su Ruote classiche nel numero di giugno 1989, la nipote Daniela Maestri Romeo:
“ Era una persona amabilissima,  nei suoi confronti nasceva sempre una sorta di timore reverenziale . Una personalità composita: da un lato la generosità, la fantasia, la disponibilità, anche l’autoironia, dall’altro il rigore tecnologico, la volontà di studiare, verificare, puntualizzare. Anche in famiglia incuteva una ragionevole soggezione. La famiglia, comunque, era con il suo lavoro il suo grandissimo amore. Tutto il suo tempo libero era per i suoi sette figli, quattro maschi e tre femmine. Aveva una compagna straordinariamente intelligente: donna Angelina Valadin, una portoghese. Dagli scritti che ho ritrovato sembra che i due si amassero molto. Nonna Angelina era una stupenda padrona di casa, una donna di rara determinazione. E lo posso dire per conoscenza diretta perché la nonna è stata per me una guida in più di un momento della mia vita. Una presenza fondamentale per il nonno, una compagna nel senso più moderno del termine.”

Nicola Romeo era anche un uomo generoso, non aveva dimenticato le sue origini umili e questo lo portò a fare delle opere di beneficenza. In una lunga intervista rilasciata il 7 dicembre 1925 al periodico francese L’Auto, disse di aver donato, subito dopo la Prima Guerra Mondiale, un milione per la creazione nel suo paese Natale di un asilo per bambini orfani e senza tetto. E per questo fu nominato cittadino onorario di Napoli.

Questa e molte altre opere di carità gli valsero la nomina anche a Cavaliere della Gran Croce della Corona italiana.

Nella storia dell’Alfa Romeo, l’ingegnere napoletano ha avuto un peso determinante.

Nonostante un inizio promettente, l’A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) entrò in crisi alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, tanto che il 28 settembre 1915 fu posta in liquidazione.

Fu salvata dalla Banca di Sconto che possedeva la maggioranza delle azioni e la passò alla “Accomandita Semplice ing. Nicola Romeo & C.” il 2 dicembre dello stesso anno decretando lo storico matrimonio.

Alla fine della guerra fu complicato e laborioso ritornare alla produzione civile, dopo aver costruito proiettili per artiglieria, ma anche in questa occasione l’ingegner Romeo dimostrò il suo talento d’imprenditore riavviando la produzione automobilistica.
Un’altra conferma della lungimiranza di Nicola Romeo venne dall’impulso che egli seppe dare all’attività sportiva.

Le Alfa Romeo vincevano gare prestigiose, ma quello a cui lui mirava era il successo nel Campionato del Mondo. E arrivò anche il trionfo, iridato nel 1925, con la P2 progettata da Vittorio Jano.

A dicembre dello stesso anno, la S.A. Ing. Nicola Romeo & C si sciolse.

Direttore generale fu nominato Pasquale Gallo, mentre a Nicola Romeo, per compensarlo dalla parziale estromissione, fu offerta la carica di presidente, carica che conservò fino al 1928, anno in cui si trasferì nella sua villa di Magreglio, sopra il lago di Como, dove visse i suoi ultimi anni di vita e dove si spense il 15 agosto 1938.

Nicola Romeo ha il merito di aver costruito per l’Alfa l’immagine di una fabbrica vincente, quella delle automobili rombanti e veloci, più veloci delle altre, come hanno dimostrato i successi nelle corse degli anni ruggenti che hanno fatto dell’Alfa Romeo un mito, un mito che il giornalista inglese Brian Twist sulla rivista inglese Autocar del 1° dicembre del 1933 così commentava:

“Alfa Romeo! Basta questo nome a far correre l’immaginazione, a far balenare nella fantasia le grandi corse su strada del continente, i Gran Premi, la Targa Florio, il Circuito di Monza, le glorie dell’automobilismo. Nomi come Ascari, Brilli Peri, Borzacchini, Campari balzano alla mente. Ed io sì, ridete, io posso dire di aver sfiorato l’orlo del loro mantello perché anch’io ho guidato un’Alfa Romeo”.

Impossibile, infine, dimenticare che Enzo Ferrari fu un suo giovane collaboratore e che senza l’Alfa Romeo probabilmente non avremmo avuto neanche le prestigiose Ferrari.

Nel 1926 Nicola Romeo fondò a Napoli una fabbrica per la realizzazione di aeroplani e solo un anno dopo consegnò i primi esemplari all’aeronautica italiana.

Il fascismo era già solidamente al potere e proprio quell’anno, precisamente il 9 giugno 1926 , all’ing. Romeo arrivò dal Duce la seguente lettera:

Roma, 9 giugno 1926

Pregiatissimo Ing. Romeo, ieri tornando da Firenze ho guardato con attenzione gli strumenti della mia Alfa (che va, del resto, molto bene) e ho fatto le seguenti constatazioni:

  1. I magneti sono tedeschi (Bosch)
  2. L’orologio è svizzero
  3. La tromba (che non funziona) è francese

Non escludo che nell’interno vi siano altri “esotismi”.
E così che si aiutano i prodotti nazionali?
Non si fanno – dunque – in Italia magneti, orologi trombe?
Saluti distinti.
Mussolini

La risposta di Nicola Romeo non si fece attendere, e porta anch’essa la data del 9 giugno 1926.

Eccellenza,
magneti: la macchina Alfa Romeo media ha magneti italiani, così come la piccola 6 cilindri in costruzione . Già da tempo le istruzioni sono state date per applicare magneti italiani anche alle grosse cilindrate. È sempre un problema non facile; non tutti gli italiani vogliono magneti italiani e nell’esportazione è ancora più difficile perché non conviene rischiare di non vendere il 90% della macchina che è italiana rispetto al 10% che non lo è. Comunque, ripeto, perseguo rigorosamente una politica di acquisti di materiale italiano. Orologi: non risultano ancora fabbriche nazionali in stato di fornire orologi con soddisfazione: si comincia ora! Spero di ricevere buone offerte italiane. Per raggiungere l’alto scopo che l’E.V. vuole, è necessario che tutti gli italiani sentano nell’intimo lo stimolo e l’importanza di acquistare in Italia  e che i produttori italiani, specie di accessori, studino e sentano da parte loro la responsabilità del vantaggio di essere italiani e lavorino e si scavino la via per arrivare senza adagiarsi dietro il facile ma anti industriale riparo della loro indispensabilità.
Grazie in ogni modo, Eccellenza, del richiamo che, se non meritato, mi dà tuttavia l’orgoglio di vedermi ricordato dal Duce, perché in Italia, è amaro dirlo, noi dimentichiamo spesso non solo di comprare materiale italiano, ma quello che è più, di aiutare gli Italiani che tal nome sentono di poter meritare, che pure non abituati né a chiedere né a esibirsi col peso della loro opera, soffrono, come me in questo momento, di non vedersi arrivare nemmeno un atto ed una parola amica, mentre l’edificio che essi hanno costruito con tenacia passione, lanciandolo sui campi esteri con audacia riconosciuta, sta, per forza di denaro e per meschinità di visione, passando ad altre mani.
Pazienza: mi resta sempre l’orgoglio dell’opera e quello di non chiedere. Volerò nei cieli, invece che in terra; ma non ho nessuna voglia di arrendermi sino a quando avrò il consenso dei miei collaboratori ed il ricordo del sacrificio.

Non è questo, del resto, il comandamento del nostro Duce?

Con ossequio profondo ed il rinnovato augurio che Iddio Le dia sempre la forza per compiere la nostra Italia.