Notizie

NEL FONDO ANTICO (PALAZZO RONDINELLI ) UNA COPIA DELLE TAVOLE DI HERACLEA

Con il patrocinio dell’assessorato alla cultura del comune di Montalbano Jonico, l’associazione OIKOS ha realizzato una copia fotografica delle famose Tavole di Eraclea.

La cerimonia di consegna ha registrato la partecipazione di un pubblico numeroso e la relazione dell’ex-direttore della Sovrintendenza ai Beni Archeologici della Basilicata, il dr. Antonio De Siena, è stata molto suggestiva.

L’importante reperto archeologico

Prospero Rondinelli, scrivendo degli uomini illustri di Montalbano Jonico, ci ha narrato il loro ritrovamento: “nel mese di febbraio 1732 in contrada “Luce” oggi denominata “Uscio” nel territorio di Montalbano Jonico, e confinante con la riva destra dell’antico fiume “ Achelandro” oggi Cavone, ed al distrutto casale Andriace, il contadino Marcello Lemma ( di origine pisticcese ), arando la terra presso il torrente suddetto, avvertì che la punta dell’aratro urtò un duro ingombro, osservato diligentemente il terreno lì presso, scoperto una antica lumina di bronzo, la quale aveva una iscrizione Greca in una facciata, e un iscrizione latina nell’altra, la scoperta di Lemma, fece rumore nei comuni limitrofi, e l’archeologo Montalbanese Nicola Maria Troyli, osservò la lamina e consigliò di andare a scavare nel luogo e nelle vicinanze, ove era stato rinvenuto, perché probabilmente avrebbe potuto trovarsene un’altra, sicché dopo circa venti giorni, cioè i principi di quaresima, e propriamente a Marzo, dello stesso anno 1732, si andò con ansia, di scoprire e fare gli scavi, vicino il luogo dove era stata ritrovata la tavola, e non solo le previsioni del Troyli si avverarono appieno, ma i desideri di tutti vennero coronati da brillante successo perché fu trovata l’altra lamina, scritta, però, da una sola parte”.

Il Rondinelli afferma che le tavole successivamente furono portate a Napoli per essere interpretate dall’archeologo del tempo, il canonico Alessio Simmaco Mazzocchi, e si conobbe allora che un frammento della prima lamina, rinvenuto da qualche tempo e da persona ignota, era stato venduto per avidità di denaro a tale Ficoroni di Roma.

Insieme alla copia fotografica delle tavole vi è anche la traduzione in italiano dalla lingua dorica.                                              

Esse risalgono al 280 a.C.e vennero rinvenute nel mese di febbraio del 1732 in territorio di Montalbano Jonico.

La tavola integra si compone di duecentottantasette righe, in dialetto dorico con forti influenze attiche, e contiene un decreto della colonia di Eraclea relativo a dei terreni appartenenti al santuario di Dioniso.

Secondo il testo dell’iscrizione, tali proprietà versavano in stato di abbandono ed erano in parte sfuggite al controllo dei santuari, in quanto abusivamente occupate da alcuni privati; le autorità cittadine, pertanto, rappresentate dall’eforo e da una serie di cinque magistrati minori preposti ciascuno ad un ruolo specifico(gli horistai per la positura di cippi di confine o i sitagertai per il rifornimento di grano), vennero incaricate dall’assemblea dei cittadini di rimediare alla situazione.

Il loro intervento, dopo regolari processi, partì dalla ridefinizione dei confini dei terreni e di ogni singolo appezzamento al loro interno, e riguardò la manutenzione dei canali di irrigazione esistenti, la creazione di nuovi condotti idrici e la cura delle vie interne; la descrizione dei luoghi è così circostanziata che si è tentato, da parte degli studiosi, di ricostruirne la topografia.

Le proprietà appartenenti al santuario di Dioniso versavano in condizioni peggiori rispetto a quelle del santuario di Athena: l’intera superficie era ricoperta da sterpaglie e da un bosco di querce, il terreno sembrava adatto più alla pastorizia che all’agricoltura,  infatti, c’era un caseificio.

Per la locazione dei quattro lotti ricavati, si scelse allora di adottare  l’istituto dell’enfiteusi, cioè di affidarli a vita allo stesso affittuario, in modo che questi potesse bonificare e coltivare con maggiore costanza e impegno un appezzamento di terreno.

Le tavole restituiscono una significativa testimonianza dell’ordinamento giuridico e sociale della colonia, dal momento che recano i nomi delle istituzioni magistratuali, ricordano l’assemblea cittadina e riportano indicazioni sulle divisioni del corpo civico: infatti il nome di ogni magistrato è preceduto da due lettere che, come altrove, indicano la divisione della cittadinanza in gruppi, mentre i nomi dei locatari sono preceduti da simboli, quale ad esempio il tripode, che individuano gruppi familiari, in riferimento, verosimilmente, all’uso di sigilli.

L’unico elemento estraneo ad Herakleia era il geometra, fatto arrivare da Napoli, forse perché, non appartenendo alla comunità, ci si aspettava da lui che lavorasse con correttezza ed imparzialità.

Durante la prima metà del I secolo a. C. questa tavola venne riutilizzata per la pubblicazione di un testo legislativo di età romana, noto come Lex Iulia Municipalis.

Prospero Rondinelli, scrivendo degli uomini illustri di Montalbano Jonico, ci ha narrato il loro ritrovamento: “nel mese di febbraio 1732 in contrada “Luce” oggi denominata “Uscio” nel territorio di Montalbano Jonico, e confinante con la riva destra dell’antico fiume “ Achelandro” oggi Cavone, ed al distrutto casale Andriace, il contadino Marcello Lemma ( di origine pisticcese ), arando la terra presso il torrente suddetto, avvertì che la punta dell’aratro urtò un duro ingombro, osservato diligentemente il terreno lì presso, scoperto una antica lumina di bronzo, la quale aveva una iscrizione Greca in una facciata, e un iscrizione latina nell’altra, la scoperta di Lemma, fece rumore nei comuni limitrofi, e l’archeologo Montalbanese Nicola Maria Troyli, osservò la lamina e consigliò di andare a scavare nel luogo e nelle vicinanze, ove era stato rinvenuto, perché probabilmente avrebbe potuto trovarsene un’altra, sicché dopo circa venti giorni, cioè i principi di quaresima, e propriamente a Marzo, dello stesso anno 1732, si andò con ansia, di scoprire e fare gli scavi, vicino il luogo dove era stata ritrovata la tavola, e non solo le previsioni del Troyli si avverarono appieno, ma i desideri di tutti vennero coronati da brillante successo perché fu trovata l’altra lamina, scritta, però, da una sola parte”.

Il Rondinelli afferma che le tavole successivamente furono portate a Napoli per essere interpretate dall’archeologo del tempo, il canonico Alessio Simmaco Mazzocchi, e si conobbe allora che un frammento della prima lamina, rinvenuto da qualche tempo e da persona ignota, era stato venduto per avidità di denaro a tale Ficoroni di Roma. Insieme alla copia fotografica delle tavole vi è anche la traduzione in italiano dalla lingua dorica.