Era nata il 25 settembre del 1779. Seconda delle due uniche figlie di don Gennaro Cassano e donna Fortunata Mariello.
Le due sorelle avevano un’indole molto diversa: calma, riflessiva, indifferente a tutto quello che avveniva in paese, Irene; volitiva, attenta ad ogni cosa, interessata ad ogni vicenda, invece, Rachele.
Rachele Cassano a 19 anni prese parte attiva ai moti per l’instaurazione della repubblica partenopea e la cacciata, momentanea, dei Borboni.
Trasformò la sua casa in una sala patriottica, diffuse Il Monitore Napoletano di Eleonora de Pimental Fonseca anche nei paesi vicini e capeggiò la rivolta contro i Borboni.
Il 2 di febbraio del 1799 tutto era pronto per innalzare l’albero della libertà anche a Montalbano e aderire alla Repubblica Partenopea.
Rachele aveva pianificato ogni cosa.
A metà mattinata nelle vie principali del paese si formarono capannelli di gente di ogni ceto sociale, fingevano di discutere, ma quell’atmosfera inusuale lasciava facilmente percepire che stava per accadere qualcosa di insolito.
Alle due di quel pomeriggio i capannelli incominciano a raggrupparsi, fino a quando non formarono uno sgangherato corteo che si andò sempre più infoltendo e dopo il primo urlo di viva la repubblica e morte al Borbone, la piazza divenne una bolgia e la folla si diresse verso gli uffici pubblici, distrusse gli stemmi regi e dopo aver percorso le vie principali del paese, ritornò in piazza per issare l’albero della libertà vicino alla porta dell’orologio, proprio di fronte alla casa poco distante di Rachele .
In piazza Rondinelli issato l’albero della libertà con un simbolico berretto frigio e una scure luccicante, tra spari, urla, applausi, i manifestanti con Rachele in prima fila recarono tutti in Chiesa.
Incominciarono a suonare le campane che ebbero l’effetto di richiamare altra gente.
Venne celebrato, come richiesto, l’inno ambrosiano e appena dopo presero la parola Luigi Lomonaco e Rachele, il cui discorso, preparato con cura, venne continuamente interrotto dagli applausi e dal grido di viva la repubblica.
Fallito il tentativo repubblicano in pochi mesi, con la restaurazione borbonica, a differenza di altri illustri montalbanesi, esuli o passati di capestro in piazza del Mercato a Napoli, Rachele riuscì a scampare alla vendetta borbonica solo grazie alla alla intercessione del cognato Carlo Troyli, borbonico convinto, e, non ultimo, al fatto che il capitano Pensabene dell’esercito sanfedista del cardinale Fabrizio Ruffo, venuto in paese per arrestarla, fu colpito dalla sua bellezza e le consentì di stare nascosta in casa fino alla emanazione dei decreti regi di grazia per i rivoluzionari.
Rachele si trasferì poi a Rotondella, dopo essere andata in sposa a Francesco Antonio Asprella. La tradizione orale la vuole perdutamente innamorata di Felice Mastrangelo, passato di capestro borbonico in piazza del Mercato a Napoli a soli 26 anni.